Benvenuti nel mio blog

Benvenuti nel mio blog

Pages

domenica 24 settembre 2017

Karbina ed il suo conte


Castello di Carovigno - ph Jovanka Ignoni
Oggi voglio portarvi all'interno di una storia, che mi ha trasmesso Emozioni, Sensazioni e Meraviglia.
Karbina, nome greco dell'attuale Carovigno, è un borgo medievale al centro tra le Murge ed il Salento, a pochi passi dal mare. Ci sono stata diverse volte quì, ma non mi ero accorta di ciò che nasconde il suo centro storico, una perla di bellezza e di magia; qualcosa che si intravede nascosto tra le sue antiche mura, una ricchezza che non tutti conoscono, ma che consiglio di scoprire tra storia e leggende.


E' una domenica mattina di fine settembre, e partecipo ad una visita guidata del suo Castello grazie all'iniziativa 99Borghi di Puglia. Non sto quì a raccontarvi la sua storia secolare dal 1100 circa in poi (costruito inizialmente come fortezza militare) o delle sue dominazioni (normanna, sveva ed angioina), ma vi voglio far rivivere, grazie ad una storia d'amore, cosa il Castello di Carovigno diventerà dopo il 1916.


Il conte Alfredo e la contessa Elisabetta
"C'era una volta un ragazzo che apparteneva ad una nobile famiglia di conti, era ammiraglio e politico.
Una sera, quando tornò da uno dei suoi tanti viaggi, fu invitato al gran ballo di primavera. Si presentò alla festa solo per cortesia, e tra una chiacchierata ed un' altra con gli altri ospiti, voltando per caso il suo sguardo, notò, seduta su un divanetto, sola, e quasi annoiata, una fanciulla.
Ad un tratto rimase in silenzio, quasi ipnotizzato dalla sua bellezza.
In sottofondo c'era l'orchestra che suonava "Sul bel Danublio blu" di Strauss; quella musica, che lui amava tantissimo per la sensazione di dolcezza che gli rapiva l'animo, fu l'occasione per avvicinarsi a lei e chiederle di danzare.
Lei, dai capelli scuri raccolti da uno chignon e da un fiore, occhi scuri, sorriso dolcissimo, aveva un abito turchese, molto romantico, sembrava quasi una fata, arricchito da applicazioni e gioielli di pietre preziose ed opali; le maniche del suo abito erano voluminose sulle spalle e strette al polso, con orli sulla gonna lunga a campana. Era bellissima, tutti la ammiravano. Era considerata una donna molto intelligente, una gran dama.
Tra una marcia di Radetzky, ed un valzer di Tchaikovsky, cominiciarono a parlare e trascorsero così tutta la serata, senza far caso agli altri invitati. Il nome di questa fanciulla era Elisabetta, figlia di un nobile conte austriaco.
Nacque tra loro subito una simpatia che si trasformò molto presto in amore e da allora non si separarano più. Si sposarono e si trasferirono in un castello abbandonato che lui, Alfredo, aveva avuto in regalo dalla sua famiglia. Era un bellissimo castello, in un posto fantastico ma sconosciuto.
Elisabetta voleva che questa loro dimora diventasse quasi fiabesca, fece realizzare delle merlature esterne,ed aumentare il numero delle stanze; fece realizzare anche un grandissimo giardino in cui si trovavano piante e fiori di ogni tipo:"dalla palma alla rosa, ai rampicanti alle mimose, ai muschi, ai licheni...", e dedicò tutta la sua vita a prendersi cura di loro, le sue giornate le trascorreva tra le sue piante: queste,come le definisce lei, erano il suo secondo amore. Con loro non si sentiva mai sola, anzi diventarono ispirazione per le sue poesie.
In questo castello Elisabetta ed Alfredo vissero felici e contenti per tantissimi anni e da allora la loro nuova dimora, diventò anche punto di incontro per tutti i popolani del paese che li veneravano per la bontà nei confronti di tutti loro."

Vedendo questo castello, non avrei immaginato che mi sarei innamorata di questo posto.
Una volta superato il cancello di ingresso ci si immerge nella storia di inizi '900, infatti in questi anni il castello rinasce, dopo tanti secoli, in quanto fu utilizzato per diversi scopi. Ritorna ad avere il suo splendore con i Conti Dentice di Frasso divenendo residenza nobiliare dopo le nozze avvenute nel 1905 tra il Conte Alfredo Dentice di Frasso e la contessa austriaca Elisabetta Schlippenbach. Da allora in poi il Castello ha una nuova vita, viene restaurato ed ingrandito; i giardini riprendono le loro sembianze trasformandosi  una parte anche in orto botanico di fama nazionale; l'ingresso principale del castello passa da zona abbandonata in un cortile in cui si celebrano feste di alta risonanza con la migliore aristocrazia italiana ed europea del periodo tra il 1916 e il 1938, anno in cui, per un incidente stradale, muore la contessa.

Ph Jovanka Ignoni
Ph Jovanka Ignoni

Ph Jovanka Ignoni

Ph Jovanka Ignoni

domenica 17 settembre 2017

Torre Guaceto: un paradiso naturale

Non so come mai ma mi manca Torre Guaceto, mi manca il suo profumo, il suo paesaggio, mi manca la sua torre, la poseidonia, l'airone che ogni tanto si intravedeva vicino al "laghetto" , le sue spiaggie, i suoi isolotti, il mare che la circonda. Una volta che la si "vive" per un pò, ti rendo conto che non puoi più farne a meno, ti senti quasi legato a questo posto indescrivibile. 

"La Messapografia ovvero Memorie storiche di Mesagne" di Antonio Profilo (1870), aperto qualche giorno addietro  per caso, mi ha riportato lì, a  "Guaceto" anzi Guasceto, come veniva chiamato nel medioevo....ed ecco ciò che è riportato a proposito di questo luogo: "non vi è alcun dubbio che i mesagnesi nel tempo medievale si ebbero sul versante adriatico due rade o piccoli porti che loro servironi di mezzo per esportare i loro prodotti: furono esse la rada detta di Guasceto e quella detta di S.Sabina, la prima al di là di S.Vito dei normanni, la seconda al di là di Carovigno. Sembra che della rada di Guasceto avessero conservato un possesso più lungo....... Dopo quest'epoca (1407) sembra che i mesagnesi non più si fossero avvalsi della rada di S.Sabina forse perchè molto lontana dalla propria terra; invece conservarono per sè ed esclusivamente quella di Guasceto. Infatti questa università nel 1463 chiedeva a Ferdinando I d'Aragona il favore di dichiarare la rada di Guasceto come appartenente al territorio di Mesagne... Furono probabilmente privati i mesagnesi del possesso di questa rada nel 1630, quando dalla Regia Camera fu disposto che nei porto disabitati di questo ex regno non si dovessero più prmettere importazioni ed esportazioni di merci; tra questi porto disabitati si noverò la rada di Guasceto. Sicchè da quell'epoca i mesagnesi non più esportarono di là le proprie derrate"...............

Non è facile allontanarsi da un paradiso naturale come questo!

 



 

Blog segnalato su:

 
Blogger Templates